La pesca dei cogoli e l'industria del vetro

 

Fin dai tempi più antichi si ricavavano dal letto del Ticino i sassi quarzosi per fare il vetro chiamati "cogoli", nome di origine veneta. I cogoli erano materiale prezioso, e la loro raccolta era oggetto di concessione ducale, come dimostra un atto del 5 maggio 1402 con il quale Gian Galeazzo, duca di Milano, cede la concessione esclusiva per la pesca dei cogoli a Marco Cremosano di Parma, e le numerose "grida" emanate in epoche successive a difesa dei diritti degli appaltatori.

Nel 1558, Pietro Francesco Busca, dei Maestri delle Entrate Straordinarie dello Stato di Milano, ottenne dal re di Spagna, Filippo II, il privilegio per sè e suoi eredi e successori all'infinito di poter raccogliere dal fiume Ticino e agli altri fiumi dello Stato di Milano i sassi vivi, detti Cogoli, atti a far vetro, e di poterli spedire fuori dello Stato. Questo appalto fu esercitato dalla famiglia Busca fin verso la metà del 18° secolo.

Mediante veri e propri contratti notarili, i negozianti di Murano e di Venezia acquistavano grandi quantità di cogoli, che venivano trasportati a Venezia per via d'acqua con dei grandi barconi neri a fondo piatto che, fino al 1915, erano costruiti a Sesto Calende in un cantiere antistante il Municipio. Un cantiere analogo esisteva anche a Coarezza.

La navigazione di questi natanti non era facile, e solo dei provetti barcaioli, che venivano chiamati, con un tipico nome veneto, "paroni" erano in grado di affrontare le rapide del Ticino e i bassifondali del Po. Il viaggio da Sesto a Venezia non durava meno di 15 giorni e al ritorno, contro corrente, i barconi venivano trainati dai cavalli.

Il commercio dei cogoli e il relativo monopolio dei Busca decadde nel 1727, anno in cui i vetrai veneti iniziarono ad utilizzare "una certa terra che eguagliava ai cogoli da far vetro", ed aveva un costo, soprattutto di trasporto, assai inferiore.

I cogoli venivano pescati nel Ticino, da Oleggio a Cuggiono. Quando il fiume era in piena, la corrente rimuoveva i fondali portando in superficie tanti sassi di ottima qualità.

I sassi venivano portati al mulino, rotti con mazze di ferro, macinati e setacciati. La polvere di quarzo ottenuta veniva utilizzata per la produzione di ceramica (artigiani di Abissola) e porcellana (Richard Ginori e Ideal Standard) oppure per la produzione di pitture, smalti per elettrodomestici, abrasivi, elettrodi, ecc.


Raccoglitore di "cogoli" sul Ticino
(in Zaro, 1989, p 233)

La secolare tradizione aveva lasciato profonde radici e fabbriche del vetro si diffusero in varie località del Lago.

A Porto Valtravaglia operò per quasi due secoli una fabbrica di cristalli e lastre che dopo alcuni cambiamenti di ragione sociale divenne proprietà, alla fine dell'800, di Angelo Lucchini, uomo politico socialista, deputato del collegio di Gavirate dal 1900 al 1919 che ebbe una notevole influenza a Taino, dove sovente veniva a tenere conferenze e a fare propaganda elettorale. Questa fabbrica, acquistata poi dalla famosa ditta francese Saint Gobain, fu attiva fino al 1959.

Nella parte bassa del lago, altri luoghi di vetrerie furono Castelletto Ticino e Sesto Calende. A Castelletto Ticino operono la vetreria Castelli, fondata nel 1859, situata nei pressi dell'attuale ponte sul Ticino e la Vetreria Novarese, fondata nel 1921 come cooperativa di produzione di bottiglie a soffio, sita presso la stazione ferroviaria, che restò in funzione fino al secondo dopoguerra.

A Sesto Calende, la prima vetreria venne fondata nel 1813 nel golfo di Sant'Anna, verso Angera, dal milanese Giovanni Battista Rossini, che qui impèiantò quattro forni: il primo per il vetro cavo, il secondo per il cristallo "uso Boemia", molato e inciso, il terzo per lastre ed il quarto a sussidio dei precedenti tre. Vi lavoravano una ottantina di persone. Successivamente nella vetreria di Sant'Anna subentrano proprietari provenienti da Altare, località dell'Appennino ligure, che, insieme a Murano, è stato uno dei centri di diffusione dell'arte vetraria in Italia e nel mondo. Nel 1860 il proprietario era Angelo Bordoni e negli anni '70 suo genero, Vincenzo Bertoluzzi e poi il figlio di questi, Carlo, che fu presidente della Società di Mutuo Soccorso e Miglioramento fra i Lavoranti in Vetro, fondata dai vetrai della zona nel 1896. La produzione, per evitare la concorrenza dei prodotti boemi, si specializzò nella lavorazione del vetro nero (bottiglie e damigiane) a cui meglio si adattavano le sabbie silicee del Ticino. Produzione che rimase tipica di Sesto Calende fino al 1975.

I “maestri vetrai” di Sesto nel 1906 fonderanno una seconda vetreria, la VOF, Vetreria Operaia Federale, la cui storia industriale continuerà fino al 1996 come AVIR, creando anche un interessante indotto come le ditta che produceva imballaggi in paglia per damigiane e buste di paglia per bottiglie.

 

Dati sulla PRODUZIONE MEDIEVALE DEL VETRO nell'area Padana centrale