Basilica di San Vittore


Foto di Stefano Pasqualetti



Posta nel cuore dell'antico borgo medievale di Varese è da oltre un millennio il riferimento religioso dei varesini.

Probabilmente eretta su un'area di culto romana intorno al V sec. e dedicata a San Vittore martire, Santo Patrono della città, l'attuale edificio è frutto di interventi diversi avvenuti in momenti successivi per adeguarsi alle necessità del borgo. Il presbiterio fu eretto nel 1542 e il corpo della chiesa venne rifatto nel 1580 su progetto di Pellegrino Pellegrini. La facciata, ridisegnata dal Pollak, ha un prospetto neoclassico, con colonne che sorreggono un arco a tutto sesto, dove due angeli (realizzati da  Lodovico Pogliaghi) sovrastano il portale. Elegante è il tiburio ottagonale, sormontato da un lanternino realizzato da Giuseppe Bernasconi, considerato il più grande architetto varesino seicentesco, che seguì tutti i lavori di ampliamento della basilica.

All'interno, la chiesa presenta una pianta a croce latina, divisa in tre navate; il transetto è illuminato da numerose finestre presenti sul tiburio, mentre il presbiterio è chiuso da un'abside poligonale. Nel 1675 vennero collocati i due pulpiti, opera dell'intagliatore di Velate Bernardino Castelli e nello stesso anno la volta venne affrescata da Giovanni Ghisolfi con la Gloria di San Vittore; tra il 1679 e il 1690, lo stesso Castelli realizzò le due casse d'organo e le cantorie, nel 1692, poi, Salvatore Bianchi realizzò i tre grandi affreschi del coro con scene del martirio del santo.

L'altare, esempio notevole del barocchetto lombardo, venne progettato dall'architetto milanese Bartolomeo Bolla e realizzato dagli scultori viggiutesi Buzzi tra il 1734 e il 1742; Elia Vincenzo Buzzi scolpì le statue, su disegno di Pierantonio Magatti.

Il nuovo assetto del presbiterio, secondo le norme del Concilio Vaticano II, ha avuto defiinitiva sistemazione nel 1991 con la realizzazione dell'altare, dell'ambone, della sede, della croce astile offerti in memoria di Paolo VI e realizzati su disegno di Floriano Bodini.

Sul'arco trionfale, che si apre sul presbiterio, è stato collocato il grande Crocefisso (1712), sostenuto da un volo di angeli, capolavoro del Castelli.

L'aula, a tre navate, custodisce nelle cappelle laterali alcuni capolavori del Seicento lombardo: varcate le eleganti bussole in legno di G.B. Crugnola (1750), si incontra nella navata di sinistra la Cappella della Maddalena con la pala d'altare della Santa portata in cielo dagli angeli, la predella con l'Apparizione di Cristo alla Maddalena e la cimasa con l'Eterno Padre, opere di Pier Francesco Mazzucchelli detto il Morazzone (1611); sulla parete sinistra è collocata una piccola edicola (sec. XVII-XVIII) con una tela raffigurante Gesù Bambino tra i santi Gaetano di Thiene e Pasquale Baylon e a destra un piccolo altare con la tela detta Madonna delle Grazie, oggetto di grande devozione popolare.

I quadroni collocati sopra i confessionali (posti in opera nel 1833 in sostituzione di quelli intagliati dal Castelli) sono attribuiti a pittori del XVII sec. e provengono dal mercato antiquario milanese dei primi decenni dell'Ottocento.

Nella Cappella di Santa Caterina d'Alessandria la tela raffigurante il Martirio della Santa è di Giovanni Battista Ronchelli (1770), mentre la predella (Nozze mistiche di S.Caterina) e la cimasa (Trasporto del corpo della Santa) sono di Antonio Mondino (allievo del Morazzone).

Segue, nel transetto, la Cappella del Rosario, ove, in due riprese (1598-99 e 1615-17), il Morazzone affrescò dapprima la volta e la tazza absidale con l'Incoronazione della Vergine ed angeli musicanti, poi le pareti con la Presentazione al Tempio e lo Sposalizio; allo stesso Morazzone si devono i quindici tondi realizzati su rame con i misteri del Rosario che fanno corona ad una Madonna del XV sec.; la cimasa dell'altare raffigurante la Vergine che dona il Rosario a San Domenico è opera del Magatti (1725). Di notevole interesse è il palliotto ligneo dell'altare raffigurante la Battaglia di Lepanto, intagliato da B. Castelli nel 1702.

Di fronte si trova la Cappella di Santa Marta con un notevole altare marmoreo, contenente la Deposizione di Cristo nel sepolcro, copia coeva dell'opera di Simone Peterzano in San Fedele a Milano; gli affreschi, realizzati da Pietro del Sole e Federico Bianchi (1680-82), raffigurano le Storie di Marta e Maria. In un'urna sono conservate le reliquie di sant'Urbica, provenienti dalla soppressa chiesa dell'Annunciata; il Crocefisso, di intensa drammaticità, è opera contemporanea di Vittorio Tavernari.

Nella navata di destra segue la Cappella dell'Addolorata che prende il nome dal gruppo ligneo, scolpito intorno alla metà del XVI sec. e qui collocato dopo la miracolosa apparizione di tre stelle il 30 maggio 1678; da allora il simulacro è oggetto di grande venerazione in tutto l'alto Varesotto. L'altare marmoreo ottocentesco e gli affreschi di Luigi Morgari (1923) hanno sostituito la decorazione settecentesca di cui rimane solo il Dio Padre in gloria sulla volta, opera del Magatti (1727).

Si passa quindi alla Cappella di San Gregorio, ove in un sobrio altare marmoreo è posta la Messa di san Gregorio, dipinta da Giovan Battista Crespi, detto il Cerano, tra il 1615 e il 1617: la tela costituisce uno dei punti più alti della pittura milanese nell'età dei Borromeo. Sotto la mensa dell'altare si conserva la statua del Cristo morto che dal 1699 al 1834 fu utilizzata per la processione dell'Entierro (la sepoltura di Cristo) il Venerdì Santo.

La volta della navata centrale, ricoperta da pesanti stucchi di L. Pogliaghi (1929), reca tre affreschi, opera di G.B. Zari (1846), cui si devono anche i quattro Profeti Maggiori sui pennacchi e gli Apostoli ed Evangelisti della cupola.

Altre opere del XVII secolo lombardo di eccezionale interesse sono collocate nella seconda arcata di destra (Labano rimprovera Giacobbe, di Luca Giodano) e nella terza arcata di destra (La Strage degli Innocenti, di Francesco del Cairo).

Alla destra della chiesa, in posizione isolata, sorge la torre campanaria, progettata da Giuseppe Bernasconi e successivamente modificata dai fratelli Baroffio. "Il Bernascone", costruito tra il 1617 e il 1774, è  realizzato con graniti grigi delle valli ossolane e mattoni d'argilla, alto circa ottanta metri e con una base quadrata di circa 11 mt., contraddistingue il panorama di Varese. Grazie a una scala in pietra di 230 gradini e poi con una scala a chiocciola, si accede al largo terrazzo che circonda la guglia, da cui si gode uno stupendo panorama sulla città.
Sul lato sud del campanile si possono notare i segni lasciati dalle cannonate austriache fatte sparar dal generale austriaco Urban, nel 1859, per "punire" la Torre di aver suonato a festa i suoi bronzi, quando in Varese entravano, vittoriosi e liberatori, i Garibaldini.

Dietro la chiesa di San Vittore, sorge il battistero di San Giovanni Battista, il monumento più antico di Varese, che si fa risalire al primo periodo longobardo. Eretto tra il XII e il XIII secolo, sulla base di un edificio altomedievale a pianta presumibilmente esagonale, rivela le testimonianze dell'edificio preesistente nelle murature e nel pavimento lasciato a vista dai restauri del 1948-50.
Durante gli scavi fu anche scoperto, incassato nel pavimento altomedievale, il primitivo fonte ottagonale a immersione, del VII-VIII secolo. Successivamente sopra vi fu posto l'attuale fonte battesimale, composto da un monoblocco in pietra di Saltrio decorato da bassorilievi. La grande vasca fu scolpita dai Maestri Campionesi, così come la statua di San Giovanni, posta esternamente.

Varese Battistero

Nel Battistero sono conservati importanti cicli di affreschi: sulla parete sinistra del presbiterio vi è una " Madonna del latte " della fine del Duecento; in stile gotico sono gli affreschi rappresentanti la " Crocifissione " (sulla destra dell'arco trionfale, opera drammatica di sensibilità quasi giottesca ), " Maria e il Bambino con due oranti " (lunetta della porta laterale) e " Madonna della misericordia " (presbiterio). Sulla parete di destra l'affresco de " la teoria degli Apostoli  e dei Santi " appartenente al periodo trecentesco è attribuito, come i precedenti gotici, al " Maestro della Tomba Fissiraga " di Lodi, forse allievo o seguace di Giotto . Alla fine dell'Ottocento l'edificio, per volere del Genio Civile di Como, fu rivestito con lastre marmoree che gli conferirono un aspetto più regolare.


Foto di Giovanna Valerio Armando

Di fronte alla chiesa, si apre l'Arco Mera, fatto costruire nel 1850 a spese del canonico Luigi Mera per collegare, nel cuore della città, piazza San Vittore con piazza Podestà e corso Matteotti. Negli anni '60 vi furono collocate le otto lastre che raccolgono i nomi di tutti i caduti varesini di tutte le guerre, da quelle coloniali, alla Grande guerra, alla seconda guerra mondiale. Vi sono riportati anche i nomi dei caduti presenti su altri monumenti e lastre della città.


Foto di Gabriele Bistoletti


Foto di fil@va


Foto di Elisa Pollastri