Belforte

È situato nella parte orientale della città e affianca l'omonimo viale, una delle arterie principali della città, collegando Varese con Malnate e dunque con il Comasco ed i valichi svizzeri. Il rione è attraversato dal torrente Vellone che, nei pressi di Malnate, sfocia nell'Olona.

La chiesa parrocchiale è intitolata alla Madonna della Speranza e della Pace, più conosciuta come chiesa del Lazzaretto per essere stata utilizzata come luogo di degenza dei contagiati durante la grande peste del Seicento. All'interno, una tela rappresentante la Vergine e San Materno, con tutta probabilità dipinta nel XVII secolo da Federico Bianchi. Sul sagrato una stele ricorda i caduti della battaglia di Biumo del 26 maggio 1859, tempo fa collocata in largo IV Novembre.

Varese Lazzaretto

Su una collinetta sovrastante il quartiere sorge il Castello di Belforte, in posizione strategica per il controllo del territorio e dei percorsi storici, in particolare la via per il passo alpino di Lucomagno nell'attuale Canton Ticino, la valle del fiume Olona, che offriva il percorso preferibile tra Milano e la valle del Reno, e l'intersezione con la Val Sorda, cruciale nella guerre medievali tra Como e Milano.

Il toponimo deriverebbe da una contrazione di Bellum-Fortis, a conferma dell'esistenza di una postazione militare prima del Medioevo. Strategicamente sorto a controllo della zona per le comunicazioni con Milano e Como da una parte e con gli Stati confinanti dall'altra, il castello di Belforte è antichissimo e rappresentò la più importante fortificazione del castrum di Varese.

Il fortilizio rivestì un ruolo di particolare importanza nello scontro tra Milano e l'Impero: nel bel mezzo di queste lotte, Federico Barbarossa soggiornò nella "rocca imperiale" di Belforth il 4 e 5 ottobre 1164, come testimoniano i decreti emessi in tale data e ricordati nella grande opera tedesca ‘Monumenta Germaniae historica’.
" Acta sunt [hec anno dominice incarnationis M°C°LXIIII,] indictione XII, [regnante domino Frederico Romanorum imperatore victoriosissimo, anno regni eius XII°, imperii vero X°; feliciter amen;] datum in castro Belforth tertio nonas octubris." (Tutto ciò è stato fatto nell’anno 1164 dall’incarnazione del Signore, indizione dodicesima, sotto il regno di Federico vittoriosissimo imperatore romano, nel dodicesimo anno del suo regno e nel decimo del suo impero, felicemente, in verità; dato nel castello di Belforte nel terzo giorno precedente le None di ottobre [= 5 ottobre]).

I varesini che entrarono a far parte della Lega Lombarda vennero definiti "quelli di Belforte", proprio per sottolineare l'importanza militare ricoperta dal castello.

Ricordando che alla famiglia Biumi apparteneva la giovane Benedetta salita al Sacro Monte in romitaggio nel 1471, non è singolare ritrovare una rappresentazione del Castello di Belforte negli affreschi della seconda cappella della Via Sacra eseguiti da Giovanni Paolo Ghianda nel 1624.

Varese Belforte

Con la fine di Castelseprio, negli ultimi decenni del ‘200, con lo scontro fra gli alleati dei Torriani e i Visconti risoltosi con il prevalere di questi ultimi, probabilmente il Castello perse in parte la sua rilevanza militare, mantenendo comunque il suo ruolo di controllo sul percorso strategico del fiume Olona. La rocca-castello venne trasformata in complesso agricolo: fu quindi proprietà del marchese Galeazzo Clivio che nel 1445 la lasciò all'Ospedale di Milano.

Verso la fine del XVI secolo la collina e gran parte degli appezzamenti di terreno coltivati sino al fiume Olona divennnero di proprietà della famiglia Biumi, che, sulle rovine dell'antico castello, avviò la costruzione di un lussuoso edificio residenziale. Non sono certi né i commitenti (Giovan Pietro Biumi o suo figlio Matteo) né l'autore del progetto (Giuseppe Bernascone, morto intorno al 1630 o il milanese Francesco Maria Richini morto nel 1658). L'edificio non venne completato probabilmente per la scomparsa del committente, delle quattro ali del palazzo previste ne fu realizzata solo una, a due piani con un prospetto a colonne binate e finestre timpanate rivolto sul cortile.


Varese Belforte
Stemma della famiglia Biumi sul portale del Castello di Belforte

Il Castello, smessa la sua vocazione residenziale patrizia all’indomani delle ondate di peste del Seicento, nel 1634 passò con atto notarile a due giovani “bagaj” della famiglia Rossi, avi di Ovidio Cazzola: trasformato in corte, venne parcellizzato in lotti da cui furono ricavate numerose cascine, molte delle quali dotate di propria stalla; questo sino al 1960, generazione in generazione, fino a quando non si spopolò definitivamente. Da allora, l’abbandono, il dimenticatoio e il degrado.

Il quartiere fu teatro di grandi combattimenti durante la seconda guerra di indipendenza fra i Cacciatori delle Alpi di Giuseppe Garibaldi, che si era acquartierato proprio presso il castello, e le truppe austriache del generale Karl von Urban (la cosiddetta "Battaglia di Varese", svoltasi il 26 maggio del 1859).

Le murature ancora esistenti risalgono anche al tre-quattrocento, ma la parte di maggior consistenza architettonica venne realizzata dai Biumi tra la fine del ‘500 e gli inizi del ‘600. Purtroppo gli interventi edilizi recenti che hanno realizzato un complesso di case economiche e il nuovo centro parrocchiale non sono stati accompagnati da ricerche e prescrizioni di salvaguardia archeologica, per cui non è nota la localizzazione e l'estensione del campo fortificato.

Nel 1969 venne demolita l'ala ovest della corte per problemi di incuria e di pubblica incolumità. Rimasero i tre lati della corte con la recinzione in muratura dello spazio antistante adibito ad orti.

Nel 2005 nel corso di alcuni lavori per la messa in sicurezza dell'edificio sono affiorate da una parete al primo piano del corpo di fabbrica seicentesco tracce di antichi affreschi, coperti sin qui da strati di intonaci, in corso di progressivo sfaldamento. Questi dipinti rappresentano una Madonna in trono con Gesù e un San Sebastiano e con ogni probabilità appartennero all'antica chiesa di Belforte intitolata a san Materno, citata nel “Liber notitiae sanctorum Mediolani” (XIII sec) di Goffredo da Bussero che faceva parte integrante dell'antico castello, come ipotizza lo storico varesino Bertolone.

Nel 2005 la Soprintendenza dei Beni Architettonici autorizzò alcuni lavori di messa in sicurezza, con ricostruzione della copertura e dei solai intermedi, purtroppo non estesi all'intero complesso: nel 2008, infatti, a causa di alcuni crolli si rese necessario proseguire le opere di impermeabilizzazione e consolidamento.

Il castello è di proprietà Comunale e oggetto di un piano di restauro e recupero.

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