Bosto

Relativamente al nome, scartata l'ipotesi di farlo risalire a Bustum, per indicare le cataste di legno usate per il rito dell'incinerazione romana in quanto non sono state ritrovate necropoli locali, risulta più credibile la derivazione da “bastioni”, tenuto conto che le colline che partono dalla Motta fino al San Pedrino ed oltre furono sede di fortificazioni fin dall'epoca gallica. La denominazione Bosto andrebbe quindi inquadrata in epoca longobardo-carolingia, con riferimento a preesistenti fortificazioni su un punto strategico o di passaggio obbligato.

La Castellanza di Bosto sorge sulla cima del Colle San Pedrino: vi si arriva da Piazza Repubblica, attraverso Via Ravasi. Caratterizzata da antichi palazzi, case di corte e antiche ville, ospita dal 1998 l' Università dell'Insubria (ex Collegio femminile Sant'Ambrogio).

Varese Collegio sant'Ambrogio
Collegio Sant'Ambrogio in una cartolina del 1947

Varese Università Insubria
Università dell'Insubria

Sulla Piazza della Repubblica si può notare il grande monumento dedicato al Milite Ignoto, opera dell'artista viggiutese Enrico Butti; il monumento, originariamente collocato in Piazza XX Settembre, fu inaugurato nel 1923.

Bosto non ha un nucleo storico vero e proprio. Le sue antiche strade, via Ravasi, via Nifontano e la piazza Buzzi, con il minuscolo sagrato della chiesa parrocchiale di San Michele Arcangelo, sono oggi intensamente trafficati. Già dedicata alla SS Trinità, la chiesa è l'attuale parrocchiale, sorta, rinnovata ed ingrandita nel 1846 su disegno dell'architetto Pestegalli.



Foto di Irene Maria Das Neves

La chiesa sorge sul luogo originario della chiesa del monastero di Santa Chiara, appartenente alle monache di San Antonino di Varese, e chiuso da San Carlo Borromeo nel 1574. Nel 1683 la chiesa divenne la parrocchiale di Bosto, arricchendosi successivamente di alcune tele degne di nota, tra le quali una SS. Trinità del Procaccini e un San Pietro Apostolo del Magatti. Da segnalare inoltre un bel Crocifisso del 1600.

Dell'antica castellanza sopravvivono alcune zone verdi, che si estendono verso l'area verde dei giardini Estensi e di villa Mirabello. Nei pressi di Piazza Buzzi, in cima alla collina, si trova la Chiesetta di Sant'Imerio, trucidato con il compagno Gemolo in Valganna nel 1047, costruita nell'XI secolo, nel luogo di una preesistente cappella longobarda intitolata a San Michele Arcangelo, che oggi dà il nome alla chiesa parrocchiale.

Dell'edificio romanico, dopo l'ampliamento della zona presbiteriale nei secoli XIV e XV e altre aggiunte seicentesche, resta la parete meridionale, contraddistinta da una tessitura costituita da ciottoli di fiume, in parte disposti a spina di pesce, pietre non squadrate e da tre monofore a doppio strombo. Nel corso di una campagna di restauro nel 1928/1929 all'interno della chiesa è stato rinvenuto un sarcofago che si ritiene essere quello di Sant'Imerio, come attesterebbero le raffigurazione di pellegrini (Imerio e Gemolo?) scolpite sul sarcofago stesso, oggi utilizzato come altare.

Nella cappella destra si trova la raffigurazione di una Madonna col Bambino attorniata da Santi, questi ultimi della seconda metà del XVII secolo; mentre in quella di sinistra un affresco con la SS. Trinità è attribuibile ad un maestro che ha visto le opere di Morazzone. La posa del Cristo, con la gamba visibile in primo piano, come anche i panneggi richiamano alla mente, per esempio, l' Incoronazione della Vergine nella Cappella del Rosario della Basilica di San Vittore, realizzata dal Mazzucchelli tra gli anni 1598-99.

Non lontano dalla chiesa di Sant'Imerio, lungo via San Michele, ha inizio il lungo viale che conduce a Villa San Pedrino, con il suo grande parco privato (circa 20 mila metri quadrati) curato da Pietro Porcinai, il più importante paesaggista italiano del Novecento.

Attorno all'Anno Mille, sul colle sorgevano una chiesetta di origine romanica dedicata a San Pietro (da qui il nome di San Pedrino) e un convento, abitato da frati che accudivano alla coltivazione di orti e giardini per rifornire il borgo, e, presumibilmente, una torre romanica fortificata, appartenente alla linea difensiva del Seprio. Il colle di San Pedrino venne acquistato nel 1690 da Francesco Nicolao De Cristoforis, membro di una importante famiglia varesina che già compare nelle cronache cittadine nel 1145, e la villa che vi venne edificata, ampliata in più riprese, andò progressivamente a conglobare tutti i fabbricati pre-esistenti, assumendo la configurazione attuale verso il 1770.

Dal cortile del San Pedrino il 31 Maggio 1859 l'armata del generale austriaco Urban bombardò Varese con circa 300 cannonate, le cui tracce si vedono ancora nel campanile di San Vittore.

Alla fine del XIX secolo la villa venne venduta a due notabili varesini, il dott Giovanni Gabaglio e l'avv. Giuseppe Franzi, che nel 1888 vi aprirono il “Collegio San Pedrino”, convitto residenziale sede del primo Liceo Classico di Varese. Il Liceo rimase attivo fino al 1908, anno in cui venne trasferito nella villa “La Quiete”, vicino alla sede attuale del Liceo Cairoli. La villa venne venduta alla famiglia Colombo di Milano, che realizzò ulteriori costruzioni all'interno del parco.

Nel 1939 la villa e l'intero San Pedrino vennero acquistati da Silvio Mazzucchelli, che era stato allievo del Liceo Ginnasio.

All'interno della villa si trovano interessanti tele del Canella, dipinte nel 1846-47, rappresentanti rispettivamente il panorama verso il lago ed il borgo di Varese, il colle di Biumo ed il Sacro Monte.

Sulla sommità del colle sorge un'altra villa storica di Bosto, Villa Visconti-Poggi-Esengrini, meglio nota come Villa Montalbano Aletti, progettata in stile neoclassico dall'architetto Alemagna. Circondata da un parco, un tempo di più vaste dimensioni, gode fi vedute panoramiche sul lago di Varese e sulla catena del Monte Rosa.

Oggi trasformata in residenza signorile è la cascina Gaggiano, antecedente il 1875.

Ai piedi del colle, ai confini meridionali della castellanza, sorge la piccola frazione del Nifontano dove, nel 1173, il frate Alberto da Brignano dell'ordine degli Umiliati fondò il primo ospedale varesino con un oratorio dedicato a San Tomaso Becket (Arcivescovo di Canterbury). Era un ospizio per i poveri ed i pellegrini; nel XVI secolo era in fase di decadimento e nel 1567 venne aggregato all'Ospedale di San Giovanni Evangelista, nel centro del borgo di Varese. Dell'edificio rimane uno stabile visibile ancora oggi, a lato di Viale Europa.

Il Nifontano è l'ultima frazione rimasta a Bosto che, al momento dell'erezione a parrocchia, nel 1575, comprendeva, oltre alla castellanza di Giubiano, anche le località di Bustecca, Bustecca Bossi, Mentastina e Rosario fino al confine con Bizzozero.

Al Nifontano è stata eretta negli Anni Sessanta, prima dell'apertura del viale, la terza chiesa di Bosto, dedicata a Maria Immacolata.


Olio d'oliva di Sant'Imerio

Nell'inverno del 2001, durante la guerra dei Balcani, il parroco di Bosto, don Pietro Giola, piantò un ulivo davanti alla chiesetta, quale simbolo ed auspicio di pace. Le prime olive raccolte vennero conservate in salamoia, ma l'anno successivo grazie alle olive portate da privati e piccoli coltivatori vennero prodotte le prime bottiglie dell'Olio di Sant'Imerio.

Nel 2011 il Comune di Varese concesse in comodato d'uso un terreno di 4500 metri quadrati sul Monte Bernasco, divenuto poi Parco degli Ulivi, aperto al pubblico e nel 2016 la produzione ha raggiunto le 400 bottiglie di olio. Gli incassi ricavati dalla vendita dell'olio vengono spesi per fini benefici in tutto il mondo.


Foto di Antonio Kawasaki


Curiosità, tradizioni, leggende e ... un po' di storia

 

- da Progetto CIVITA - Le istituzioni storiche del territorio lombardo - Regione Lombardia alcune notizie storiche sul comune di Bosto

 


Nell' Antiquario della Diocesi di Milano dell'arciprete oblato Francesco Bombognini - 1828 - si legge:

Si ascende qui insensibilmente a Bosto, vicino al quale si vede l'antica parrocchiale di s. Michele, dove sta ancora il battistero, e si venera la memoria di s. Imerio, dipinto in abito da pellegrino con un coltello nel petto, martirizzato con S. Gemolo nella Valganna l'anno 1047. Le di lui ossa, scoperte nel 1572, furono confuse con altre, e s. Carlo ordinò che tutte insieme si serbassero nell'arca, che tuttora si vede. Fino dal 1417 si celebrava qui la festa di questo santo dal capitolo di Varese, per lascito di un certo Pietrolo di Giubiano. Detto santo era della nobile famiglia Picinelli, che tuttora abita in Bosto, come lo era anche il detto beato Cristoforo, che fi compagno di s. Gio. da Capistrano, e morì in Milano: si vede il di lui sepolcro nella chiesa di s. Angelo. Il nobile e magnifico dott. Benedetto Picinelli fu delegato dai Bostesi a recarsi da san Carlo per l'erezione della parrocchia in Bosto, che fu eretta realmente in s. Michele, e poi fu trasferita nel centro alla chiesa della ss. Trinità Da questa parrocchia fu stralciato nello scorso secolo Giubiano, dove fu eretta la cura. Vicino a Bosto sta il palazzo De-Cristoforis celebre in questi colli per l'amena sua situazione. Ha annesso l'oratorio di s. Pietro, che fino dal 1061 era juspatronato dell'arcivescovo.