Un po' di storia...


Le origini del Santuario di Santa Maria del Monte sono certamente antiche, ma l'assenza di documenti e le alterne vicende di molti secoli hanno fatto perdere le fonti. Rimane tuttavia qualche tenue traccia che permette di individuare una linea fondamentale degli eventi e delle situazioni più remote. E' certa la presenza di guarnigioni della Roma Imperiale nella zona. Si sono trovate, infatti, le seguenti testimonianze:

1. un cippo funerario dedicato alla memoria di Sesta, Rufa e Veruncio, pare della tribù Oufentina, distretto anagrafico-elettorale al quale furono aggregati i milanesi e i comaschi al tempo di Giulio Cesare;

2. una moneta di bronzo con effigiata l'Imperatrice Lucilla del II secolo d.C. (167) fu trovata durante uno scavo nei pressi della torre nel recinto del Monastero;

3. una lapide latina murata presso la basilica ricorda che il Monte Orona o di Vellate era selvaggio, dirupato, brullo, quasi inaccessibile e percorso solo da pochi uomini delle milizie romane che si recavano al posto di vedetta situato sulla cima. Questo intorno al terzo secolo dell'Era Cristiana. Ancora oggi è visibile e la torre si trova nel recinto del Monastero; è consimile alle torri esistenti a Velate, ad Arcisate; erano torri di guardia o vigilie, che i Romani innalzavano sulle vette strategiche, lungo le loro vie militari, dalla val Ceresio al lago Maggiore;

4. avanzi di pilastri gotici e di un arco si trovano nella parte più antica del paese;

5. frammenti di laterizi romani rinvenuti durante gli scavi nelle vicinanze della villa Pogliaghi.

Nel 313 dell'Era Cristiana, Costantino conseguì promulgò l'Editto di libertà per il culto cattolico. In quell'epoca la Lombardia era percorsa dalla dottrina di Ario, prete di Alessandria, eresiarca che negava la divinità di Gesù Cristo. L'Arianesimo fu combattuto dai Teologi e dai Dottori della Chiesa e in particolare da S. Ambrogio. Gli ultimi seguaci di Ario, nella loro ritirata, si rifugiarono sul Sacro Monte le cui caratteristiche consentivano la possibilità di un rifugio sicuro. Ario fu condannato dal Concilio di Nicea in Bitinia nel 325 (20 maggio - 19 giugno).

A questo punto la storia si confonde con la tradizione che è prevalsa sulla prima. Non si è ancora in grado di sostenere la tesi tradizionale secondo la quale il Santo fosse presente nella zona, nella lotta tra i cattolici e gli ariani. Sono in corso studi appropriati presso la Biblioteca Ambrosiana di Milano. Una tradizione orale e scritta vorrebbe che nella località "Segolcio" (locus Segocium qui dicitur Sanctus Ambrosius; da una carta del febbraio 1140), il Santo, dopo una visione della Vergine Maria preannunziante la vittoria, abbia vinto gli Ariani in fuga. Segolcio, incorporando le località di Camairago e Caslongio, cambiò il suo nome in "S. Ambrogio" che è rione ancora esistente con l'aggiunta di "Olona", dal fiume omonimo che attraversa il territorio. Analoga prudenza va usata nell'affermare la salita del Santo Ambrogio sul Monte, l'erezione di un altare con la celebrazione della S. Messa e l'aver portato sul posto il simulacro della Vergine.

LA BASILICA NEL TEMPO

Con certezza si sa che nel sec. VIII esisteva una chiesa sul Monte Orona chiamata "Basilica de Monte di Vellate" e che già allora era meta di pellegrini. I documenti più antichi esistenti nell'Archivio di Stato a Milano portano la data del 922 e parlano di donazioni fatte in tempi precedenti e da persone lontane all'epoca della "Basilica de Monte di Vellate" per l'applicazione di S. Messe o altri uffici divini.

Dopo il Mille la chiesa fu ampliata e poiché mancava lo spazio, essa fu costruita ad un livello più elevato dove era possibile una espansione, per cui la chiesa primitiva è oggi la cripta che si trova sotto l'altare maggiore. Il Bussero, che con pazienza descrisse tutti i luoghi santi e le chiese della Diocesi di Milano fra il 1288 e il 1311, scrive che "… il Monte non più chiamavasi di Velate, ma già di Santa Maria e la chiesa doveva essere di una certa ampiezza poiché oltre all'altare della Madonna aveva altari dedicati a San Giovanni Battista, ove si battezzava, a San Giacomo di Zebedeo, a San Michele e forse a San Salvatore".

La Chiesa fu ampliata ancora verso la fine del XV secolo e da allora non è più mutata nella struttura architettonica.

I lavori di ampliamento e di ricostruzione furono possibili per la munificenza degli Sforza, duchi di Milano e fra questi Lodovico Maria Sforza, "il Moro", i cui stemmi si possono notare sui capitelli delle colonne interne. Il direttore dei lavori fu l'architetto ducale Bartolomeo da Cremona detto "il Gadio", che si avvalse della collaborazione dell'architetto Benedetto Ferrini da Firenze. I lavori iniziarono nel 1472 e terminarono nel 1476. Nel l518 il capitano Gian Giacomo Trivulzio fece costruire a sue spese il pronao o portico d'ingresso alla Basilica. Gli stemmi gentilizi del Trivulzio e della marchesa Beatrice d'Avalos si trovano sui capitelli delle colonne. Recenti lavori di restauro hanno messo in luce una facciata romanica celata dagli interventi che si sono susseguiti nei secoli. Nel 1613 il porticato, rovinato dal tempo, fu rifatto nella forma attuale a cura del Monastero. Nel 1531 le monache fecero costruire l'organo da Gian Giacomo Antegnati da Gozzano; distrutto dal fulmine nel 1831 fu ricostruito da Eugenio Maroni Biroldi da Varese. Nel 1532 il duca di Milano Francesco II Sforza, fece costruire, a sue spese, il portale sul fianco a levante della basilica.

IL PORTALE o PORTA SFORZESCA

Conosciuto come "Porta sforzesca", è costruito con pietra bianca su linee rinascimentali. Due doppie lesene corrono sui lati; le interne presentano alla sommità due targhe distinte indicanti la data della costruzione; le lesene esterne hanno alla sommità due capitelli ornati reggenti l'architrave a due cornicioni che sostengono un arco ornato di rosoni.

Al di sopra corre una serie di capitelli che sorreggono il frontone al cui centro spicca l'arma ducale. Sull'architrave è scolpita la seguente dicitura: "Ad Virginem - ad te fac votis potiantur Porta petentes - hic hora signis coelica quaque vigens", che tradotta dice: "Raggiungano i loro voti coloro che passano attraverso a te, o Porta, e vanno alla Vergine; qui (dove) la porta Celeste (Maria) compie prodigi in qualunque ora". In prosieguo di tempo, a pochi metri dalla Porta sforzesca, venne costruito l'ingresso o porta laterale che immette nella navata di sinistra della Basilica.

La posizione della Porta Sforzesca non è però quella originaria che occupava, qualche metro più in là, il semicerchio dell'abside centrale affacciato anch'esso sulla piazzetta dove si trova il monumento a Paolo VI. L'ingresso fu spostato, come spiega Alberto Lotti nel libro "Santa Maria del Monte sopra Varese", (edito nel 2000 per il Giubileo di Giovanni Paolo II), perché ormai inservibile dopo la risistemazione dell'area liturgica interna al presbiterio e dopo la collocazione del coro ligneo nell'abisde centrale. Fu definitivamente abbandonata con la costruzione del corridoio per accedere dalla piazza alla navata di sinistra.

Secondo il Lotti, la Porta era in collegamento con la Scala Santa che le monache avevano fatto costruire a sud della chiesetta dell'Annunciata sul finire del XVI secolo e che conduceva al Calvario ricavato nel presbiterio con sculture in legno policromo. Fu il primo Sacro Monte postmedievale – osserva Lotti - e avrebbe dovuto arricchirsi con altri episodi di meditazione se, nel 1605, non fosse nato il Sacro Monte del Rosario".

Sono piccole curiosità storiche che assumono rilievo in occasione dell'apertura dell'Anno e della Porta Santa sul monte sopra Varese. Il bronzo nella lunetta della Porta Sforzesca è opera di Pericle Fazzini. Fu donato da monsignor Giorgio Basadonna e collocato nel 1983 occultando un'anonima tempera decorativa. Per l'Anno Santo la lunetta è stata temporaneamente coperta con il logo del Giubileo, opera del gesuita padre Mako I. Rupnik, che mostra il Figlio che si carica sulle spalle l'uomo smarrito, secondo un'immagine cara alla Chiesa antica. La scritta giubilare dice: "Misericordiosi come il Padre 8 dicembre 2015 – 20 novembre 2016".

 

LA CRIPTA

Sotto l'altare maggiore c'è l'antica Cripta, vero gioiello d'arte. E' un locale di circa m. 7 per m. 5, con volta a nervature, sorretta da colonne di stile romanico e databile all'inizio del 1000. L'accesso alla Cripta è alquanto faticoso a causa dei lavori eseguiti, in epoca successiva, per la costruzione della chiesa superiore.

Gli scavi archeologici eseguiti nella cripta romanica e nel corridoio sotto l’altare del santuario di Santa Maria del Monte hanno rivelato resti murari e pavimentali di una precedente chiesetta del quinto secolo, appena più tarda rispetto all’epoca in cui l’arcivescovo di Milano, secondo la leggenda, fece costruire un altare in questo luogo per celebrare la vittoria sugli ariani. Un passato molto più antico della pergamena dell’8 giugno 922 dopo Cristo, conservata all’Archivio di Stato di Milano, che parlava per la prima volta della “chiesa di Santa Maria sopra Vellate”.

Si può oggi affermare che la costruzione del santuario ha avuto quattro fasi fondamentali : la prima chiesa del quinto secolo, di cui si sono ora trovati i resti, fu abbattuta in età carolingia-ottoniana (nono o decimo secolo) per edificare una nuova cappella, il cui presbiterio absidato è giunto a noi come cripta. Sopra questa, fu eretta la chiesa d’età romanica, databile tra la fine dell’undicesimo e gli inizi del dodicesimo secolo, ampliata a ovest. Su questa l’architetto ducale Bartolomeo da Cremona detto Gadio e Benedetto Ferrini di Firenze fecero il radicale intervento del 1472-1476 per volontà di Ludovico Maria Sforza, ampliando l’edificio romanico da una a tre navate e riedificando il presbiterio.


Il "Presepe" affrescato sopra l'ingresso alla cripta

Gli affreschi della cripta, probabilmente eseguiti fra il 1360 e il 1370 o forse posteriori di un secolo, hanno caratteri stilistici simili a quelli della Schirannetta di Casbeno datati 1408. Si tratta di opere di una bottega locale in cui prevale l’aspetto devozionale su quello artistico. Sulla parete sinistra del corridoio d’ingresso alla cripta, che corrisponde al fianco esterno dell’antica chiesa romanica, sono tornati alla luce due grandi affreschi (la Vergine col bambino in stile gotico internazionale e l’Annunciazione, nello stile gotico fiorito. Un terzo affresco più piccolo raffigura una Madonna con Bambino.


 

IL MONASTERO

Accanto al Santuario, sorge il Monastero delle Romite Ambrosiane, fondato dalle Beate Caterina da Pallanza e Giuliana Puricelli eretto ufficialmente nel 1474, quando la bolla di papa Sisto IV concesse l'autorizzazione alla fondazione, secondo la regola di S. Agostino e le costituzioni dell'antico Ordine di S. Ambrogio ad Nemus. Due anni dopo si svolse la consacrazione delle prime cinque Romite e fu proclamata abbadessa Caterina, nata a Pallanza in una nobile e ricca famiglia, ma vissuta a Milano, che intorno alla metà del Quattrocento era salita al monte per condurre vita eremitica presso il santuario. Presto era stata seguita da Giuliana, originaria di Verghera-Busto Arsizio, proveniente da una povera famiglia di campagna, e da altre tre donne venute a condividere una vita di penitenza, di contemplazione e di assistenza ai pellegrini del santuario.

Nella navata centrale del Santuario, una una scala porta all'Oratorio delle Beate. Sull'altare di marmo sono conservate le urne con i Corpi della Beata Caterina da Pallanza, morta il 6 aprile 1478, e della Beata Giuliana da Verghera, morta il 15 agosto 1501, fondatrici del Monastero del Sacro Monte. I corpi delle Beate furono ivi traslati nel 1729 dopo la loro beatificazione.

Soppresso il monastero nel 1798 con decreto della Repubblica Cisalpina, i beni vennero in gran parte confiscati, dispersi e distrutti. Le monache vissero come custodi laiche del luogo fino al 1822, quando poterono finalmente riprendere la vita monastica, con l'impegno tuttavia di aprire una scuola e un collegio per l'educazione delle ragazze. Nel 1969 fu loro concesso di chiudere la scuola per recuperare la primitiva vocazione contemplativa. La giornata della comunità delle Romite, presenza ancora viva accanto al santuario, trascorre nella preghiera e nella meditazione; nello studio della liturgia, del canto, dei testi ambrosiani; nell'approfondimento della loro storia e nella pubblicazione di alcuni testi; nel lavoro per il proprio sostentamento; nell'attività di restauro presso il laboratorio interno, aperto anche alle richieste esterne; nell'assistenza spirituale e nell'accoglienza verso chi frequenta il Centro di Spiritualità, recentemente ristrutturato.

LA VIA SACRA

Il culto alla Vergine del Monte era molto diffuso: numerosi fedeli salivano a pregarla percorrendo la ripida mulattiera. Nel 1500 i pellegrinaggi, dicono le cronache, erano circa duecento all'anno. Nel 1560 giunsero a Varese i padri cappuccini, il cui convento si trovava a Casbeno lungo l'attuale via Monastero Vecchio. Era allora arcivescovo di Milano S. Carlo, ed è noto che egli mise ogni cura e premura per far praticare ed osservare i decreti del Concilio di Trento nelle parrocchie che egli visitava nella vasta diocesi. I padri cappuccini di Varese ricevettero dall'autorità ecclesiastica l'incarico della cura spirituale, della predicazione e dell'amministrazione dei Sacramenti alle romite del Monastero.

Nel 1602 i superiori incaricarono padre Gian Battista nobile Aguggiari da Monza, di tenere le conferenze settimanali al monastero. Padre Aguggiari, celebre predicatore, fu devotissimo alla Madonna della quale, precedentemente al suo arrivo a Varese, aveva visitato santuari a Lei dedicati tra cui Loreto, S. Maria Maggiore di Roma, l'Annunziata di Firenze e S. Luca di Bologna.
Narrano le cronache che il Padre, in un tardo pomeriggio d'autunno del 1603, scendeva dal santuario dove aveva compiuto i suoi doveri, in compagnia del padre confessore delle monache e del signor Giuseppe Bernascone, detto "il Mancino", architetto che aveva costruito il campanile del Santuario e che aveva fatto visita ad una sua figlia, monaca lassù da poco tempo. Durante il cammino il padre confessore rese noto ai suoi compagni il desiderio espresso da una religiosa, suor Tecla Maria Cid, di far costruire a sue spese una Cappella a metà monte per offrire una sosta ai pellegrini e, nello stesso tempo, per consentire la disposizione d'animo al raccoglimento necessario prima di giungere al Santuario. La Cappella, sempre secondo il desiderio della monaca, doveva rappresentare qualche Mistero della fede. La monaca Tecla Maria Cid, era sorella o parente diretta di Francesco Cid, generale dell'esercito spagnolo di stanza a Milano (la Lombardia infatti era sotto il governo del re di Spagna).
Padre Aguggiari si rallegrò molto nell'ascoltare la proposta in quanto, in cuor suo, desiderava di costruire non una, ma tante Cappelle distribuite lungo un ampio viale, ben distanziate e proporzionate, ornate di pitture e di statue rappresentanti i Misteri del Santo Rosario. I pellegrini sarebbero saliti al Monte con maggiore agilità ed in più avrebbero potuto contemplare le raffigurazioni e pregare lungo il viale meditando sui Misteri tra una Cappella e l'altra. Padre Aguggiari, senza perdere tempo, propose di incominciare a segnare i luoghi, dove poi sarebbero state costruite le Cappelle, con croci di legno e con apposite cassette per raccogliere le offerte dei pellegrini. Suor Tecla Maria Cid avrebbe sostenuto la spesa per tale lavoro.

Il Bernascone, architetto della zona, si offrì per il tracciato del viale e l'erezione delle Cappelle da progettare a forma di tempietto. Padre Aguggiari s'incaricò di illustrare, durante le sue predicazioni, il progetto allo scopo di raccogliere offerte.

Il tempo scorreva e il Padre pensava di affidare la costruzione di ogni Cappella per la parte delle spese, alle borgate più grosse dell'alto milanese e del varesotto. Egli pensava anche che era necessario cominciare, ma come? e da dove? Nel 1604 padre Aguggiari incontrò il parroco di Malnate, don Vincenzo Gigli che, per sette anni, era stato confessore delle monache del Sacro Monte e che nutriva grande devozione per quel luogo: gli espose il suo progetto, comunicandogli che era necessario farlo conoscere durante le pubbliche prediche nelle terre vicine. Don Gigli si ricordò che questo era già stato il sogno di un certo Giovanni Rainaldi, magistrato straordinario di Milano, protettore delle monache e benefattore dei cappuccini, che pensava di fabbricare una Cappella sul Monte, ma morì prima di dare vita al suo desiderio. Il parroco di Malnate invitò padre Aguggiari ad iniziare la predicazione nella sua chiesa nel giorno della festa principale, quella di S. Martino. Padre Aguggiari non volle iniziare la predicazione senza aver prima informato del progetto le rev.de monache: queste si mostrarono contentissime e risposero con prontezza e con generosità, all'invito del Padre di fare "la cerca delle oblazioni" tra loro. La popolazione di Malnate offrì "denaro, anelli, moggia di grano, bracciali, cuffie d'oro, panni e persino un paio di scarpe nuove acquistate per una festa da ballo". La domenica successiva, 14 novembre, la popolazione di Malnate saliva in processione al Sacro Monte per portare alla Madonna l'offerta raccolta. L'auspicato progetto del cappuccino diventava realtà. Padre Aguggiari fu chiamato a predicare in più paesi: in ogni luogo le offerte erano cospicue. Intanto il Bernascone lavorava alla preparazione dei progetti delle Cappelle e del vialone che le doveva unire.

Quando tutto fu pronto padre Aguggiari si recò dall'eminentissimo cardinale Federico Borromeo, arcivescovo di Milano, perché vedesse ed approvasse dando facoltà e licenza di attuare il progetto e di predicare in tutta la diocesi per raccomandare l'iniziativa ed infine perché concedesse la sua protezione. S.E. l'arcivescovo, compiaciuto, concesse subito la licenza di libera predicazione e di raccomandazione delle offerte al padre Cappuccino. In considerazione che l'opera doveva sorgere nella sua diocesi, diede ordine a mons. Alessandro Mazzenta, sovraintendente alle costruzioni ecclesiastiche, di recarsi al S. Monte per rendersi conto, sul luogo, del progetto e di disporre tutto il necessario per l'inizio dei lavori. S.E. l'arcivescovo fissò le modalità per la costituzione di una commissione di nobili persone e religiosi del borgo di Varese, con l'incarico di amministrare le entrate e sovraintendere alle costruzioni.

La commissione fu istituita nel 1608. Il Papa Paolo V, con un suo Breve nel 1610, confermava l'istituzione. La commissione entrava ufficialmente in funzione e, rinnovata, a mano a mano, nei suoi membri, operò fino al 1680 anno in cui essendo quasi ultimati i lavori, venne sciolta. L'amministrazione e la manutenzione delle Cappelle venivano incorporate al Monastero, padrone del Monte. Padre Aguggiari, ottenuti i permessi, si adoperò molto ed intensificò la sua predicazione non solo nella diocesi, ma anche altrove e precisamente nelle plaghe di Como, di Novara, di Pavia, di Vercelli, di Lodi, di Vigevano e persino di Santhià in quanto i rispettivi vescovi ne appoggiarono l'opera.

Nella Basilica, sopra l'altare maggiore, protetta da una vetrata, si trova la statua venerata della Vergine del Monte ricoperta da un ricco manto e con il Bambino Gesù in grembo.

Nel sec. XVII, periodo della costruzione delle cappelle del S. Rosario lungo la Via Sacra o vialone, la basilica rappresentò l'ultimo dei misteri gloriosi ossia l' "Incoronazione della Vergine fra gli Angeli". La Badessa del Monastero, madre Domitilla Frasconi, ottenne dal rev.do Capitolo di S. Pietro in Roma la corona d'oro per la Vergine del Monte. Infatti il rev. Capitolo ogni venticinque anni concede la corona d'oro a uno dei più insigni santuari del mondo. Nel 1739 la corona d'oro fu concessa alla Madonna del Monte. L'incoronazione solenne ebbe luogo il 5 luglio 1739 da parte di S.E. il card. Carlo Gaetano Stampa, arcivescovo di Milano, alla presenza di molta folla. I festeggiamenti durarono otto giorni, con illuminazione, fuochi e musiche, suono di campane e di trombe.

La corona attuale non è quella originale che fu asportata durante la Repubblica Cisalpina. In seguito la Madonna fu di nuovo incoronata per intervento delle Romite.

Il 18 giugno 1983 l'arcivescovo di Milano mons. Carlo Maria Martini, per mezzo di una scala appositamente predisposta, reincoronò la Madonna e Gesù con atto di riparazione al furto sacrilego del 18 maggio dello stesso anno. I ladri, infatti, strappate le corone, non ritenendole preziose, le abbandonarono dopo averle danneggiate. Le corone, restaurate con prontezza, sono così al loro posto per la terza volta.

La Madonna è patrona del rione: la sua solennità cade il 15 agosto, nel giorno dell'Assunzione della Vergine al Cielo.

 

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