Le cave di Viggiù sono delle vere miniere di pietra, spesso collegate tra loro da cunicoli e gallerie scavate nel ventre della montagna, tra il Monte Scerè e il S. Elia.
L'arenaria di grana fine e di colore grigio paglierino, che una volta lucidata
sembra marmo, è di tre tipi:
- la 'piombina' molto resistente, per l'edilizia
- la 'grigia e rossetta' molto fine, per monumenti
- la ' gentile' per rivestimenti.
L'arenaria non si trova solitamente in superficie, ma è protetta da
un cappello di calcare, talvolta spesso parecchi metri. Esperti cavatori cercavano
nella montagna il punto giusto dove incidere il cappello calcareo per raggiungere
il filone di arenaria che si presentava a falde. Questa particolare conformazione
facilitava il lavoro di estrazione che veniva eseguito con martello e scalpelli
lunghi anche un metro.
Il cavapietre eseguiva tutta una serie di lunghi fori con lo scalpello in modo
da delimitare il blocco da staccare, quindi venivano inseriti dei cunei nei
punti giusti in modo da far 'saltare' il blocco. A volte si usavano cunei di
legno imbevuti di acqua che espandendosi 'aiutavano' lo spacco.
Il blocco una volta staccato veniva sbozzato e portato all'aperto con l'aiuto
di funi e carrucole e scivoli di legno. Le carrucole e i bozzelli erano fissati
in appositi fori quadrati, tuttora visibili, praticati nella parete di roccia
mediante ferri a coda di rondine.
Vicino alla cava gli scalpellini lavoravano il blocco nella forma voluta in
modo da allegerirlo del peso superfluo. Il pezzo finito veniva quindi caricato
su di un carro trainato d abuoi che lo trasportavano a Viggiù per essere
rifinito e lucidato e quindi inviato all'acquirente.