Grantola - Il conte Ruggero

 

 

Arrivò un tempo a Luino, un affascinante e giovane cavaliere di nome Ruggero, discendente di una potentissima famiglia che possedeva numerosi castelli e fortificazioni in molti paesi della Valtravaglia. Forte della potenza della sua famiglia prese a terrorizzare gli abitanti della zona arrivando a rapire numerosissime fanciulle, di cui non si seppe più nulla.

Nel castello della Gran Torre di Grantola viveva una bellissima dama che mai volle incontrare il giovane Ruggero, per nulla intimorita dal suo potente lignaggio e dalle struggenti serenate che costui aveva preso l'abitudine di indirizzarle.

Ma un giorno, non si sa perché o come mai, la dama fece abbassare il ponte levatoio e permise al conte Ruggero di entrare. Nessuno seppe mai cosa successe quella notte. L'indomani mattina presto la dama lasciò Grantola e non vi fece più ritorno. E il conte? Nessuno lo vide più: era scomparso nel nulla.

I rapimenti di fanciulle cessarono, ma si racconta che da allora, nelle notti di plenilunio, un cavaliere si avvicini al luogo ove sorgeva il castello della Gran Torre e suoni il suo liuto. Dai monti vicini scendono allora frotte di fantasmi che lo attorniano e ballano. Al primo canto del gallo, gli spiriti scompaiono e così pure il fantasma del conte Ruggero che ancora spera di incontrare la bella castellana di Grantola.

 

Rinaldo Corti nel suo volume "Sentimento e Fantasia, leggende del Varesotto" ed. La Tecnografica, 1974, così riporta la stessa leggenda:

La Dama liberatrice



Nel territorio di Grantola esistevano a quei tempi due castelli: il Castellaccio come in seguito venne chiamato dalla povera gente, e quello della Gran Torre.
Mentre il primo era abitato dal conte Ruggero, personaggio crudele e odiato, il secondo era da gran tempo vuoto, ma si aspettava sempre che giungesse il suo signore.
Per il momento, chi la faceva da padrone nei dintorni era il proprietario del Castellaccio, uomo che ne sapeva una più del diavolo ed agiva di conseguenza, calpestando ogni diritto altrui.
Non lo commuovevano né pianti né preghiere di donne e bambini e terrorizzava tutti.
I vecchi ricordavano quando giunse fra loro, con uomini d'arme e valletti; appena giunto si mise a rafforzare tutte le difese del suo maniero in modo da renderlo imprendibile. Quando i lavori furono finiti vi mise a guardia una turba di sgherri che erano malvagi quanto lui. Con essi scorazzava dovunque gli fosse possibile; passava come un ciclone lasciando i segni devastatori della sua malvagità.
Quando aveva qualche progetto infame da compiere, nessuno lo poteva trattenere.
Specie di notte o col maltempo batteva le contrade all' ingiro giungendo con le sue scorrerie talvolta fino a Mesenzana, Brissago e Roggiano, terrorizzando anche quelle popolazioni.
Tutti lo temevano e tutti avevano paura per i loro cari; le madri per i figli, le mogli per i mariti e soprattutto le fidanzate per i fidanzati dai quali temevano sempre qualche loro azione a testa calda, contro il tiranno.
Benché per la maggior parte del tempo egli fosse dedito alle sue cattive imprese non sdegnava anche divertirsi. Aveva una specie di harem, e di quelle donne si serviva talora anche per adescare qualcuno di quella gioventù ardente che non piaceva a lui o che che gli aveva fatto qualche sgarbo. Del malcapitato non si sarebbe saputo più niente.
La triste vicenda durava da molti anni, quando un giorno di primavera si sparse la voce che fosse arrivato in paese il signore del Castello della Gran Torre.
Non si trattava di un nobile qualunque, ma di una dama bella e graziosa. Questa prese possesso del suo castello e trascorreva il suo tempo fra i lavori delle grandi dame, non trascurando neppure le occasioni per fare del bene ai bisognosi che le venivano indicati.
La fama della sua gentilezza si sparse presto per tutti i dintorni, e fra il popolino, parecchi, forse perché furono beneficiati, la consideravano come se fosse stata la Madonna.
Anche il conte Ruggero venne a conoscenza del fatto e desiderava conoscere di persona la bella castellana che aveva più volte intravisto. Ma non ebbe mai modo di entrare con lei in confidenza e, per quanto facesse, non venne mai invitato al Gran Castello.
Allora fece il proponimento di ridurla ai suoi voleri; si fine innamorato più che mai, desistette dalle sue cattive azioni e perse maggior parte del suo tempo nello spiare le mosse della bella dama, stando spesso vicino alla dimora di lei in atteggiamento di innamorato pieno di umiltà. 
La dama si accorse di lui, ma fu come se non si accorgesse neppure.
Egli non smise il suo proponimento e fingendosi sempre più innamorato, restava lungo tempo fermo nelle vicinanze del castello.
Finalmente dopo tanto tempo, una notte la dama fece un segno ai suoi uomini che abbassarono il ponte levatoio per far passare il conte Ruggero.
Egli smise subito il suo fare dismesso ed entrò fiero, sicuro di poter finalmente stringere a sé ed abbracciare l'orgogliosa donna.
Quello che avvenne fra le stanze della Gran Torre quella notte, non si è mai potuto sapere. Solo il giorno dopo, com'era venuta, la bella castellana se ne partì senza fare parola ad alcuno. Salutando la popolazione ella aveva un sorriso dolce, un sorriso come d'intesa.
Passarono molti giorni senza notizie né di lei né del conte.
Però le ruberie e i delitti erano cessati come d'incanto. Le donne del Castellaccio erravano per il paese sperdute e confuse, non più procaci ed altezzose ma quasi imploranti.
Una notte mentre un contadino tornava a casa udì distintamente per ben tre volte il canto della civetta che veniva dal San Martino.
Quasi subito dopo un uomo, o meglio un fantasma a cavallo, seguito da alcuni levrieri correva sul sentiero che dal monte scende a Brissago andando a fermarsi dinnanzi al Castello della Gran Torre; guardando bene, al contadino parve di conoscere il conte Ruggero, il quale, giunto al ponte levatoio del castello, si mise a soffiare in un corno dal quale trasse un suono lugubre e spaventoso che richiamò una turba di folletti che intrecciarono una danza macabra e tutto sparì sul far del mattino.
Altri in seguito videro il triste raduno ed allora la popolazione fu persuasa di essersi liberata per sempre del conte Ruggero.

Pare che il nome di Grantola derivi appunto da Gran Torre. Il popolo volle così ricordare quasi a perpetuare la memoria, la residenza della bella Dama che fu la grande liberatrice."