Malnate - Monte Morone: l'impronta sull'affresco

 


Durante i lavori di restauro è stato chiesto ai restauratori, provenienti dalla provincia di Brescia, inviati dalla Sovrintendenza, di eliminare una macchia, simile a un'impronta di mano, che nulla aveva a che vedere con le tracce di colore del resto dell'affresco.

Gli esperti hanno tentato di ripulire la superficie utilizzando le sostanze adatte, ma, alla fine, hanno affermato che, essendo una traccia lasciata dal fuoco, poteva essere definitivamente eliminata solo con l'asportazione.

L'impronta nera della mano è rimasta lì, perché essa sembra confermare quanto narrato da una delle antiche leggende malnatesi:

“Due fratelli malviventi, in occasione di una rapina, uccisero un monaco di Monte Morone; durante la fuga uno dei due morì e l'altro fu catturato. Condannato a morte, l'assassino, prima dell'esecuzione, fu sollecitato da un monaco a pentirsi, altrimenti avrebbe meritato il fuoco eterno. L'uomo dichiarò di non credere all'inferno e, con tono ironico, chiese se anche la mano assassina di suo fratello stava bruciando. Alla risposta affermativa del monaco, il condannato incalzò dicendo che avrebbe creduto solo se avesse visto il segno della mano bruciata.
In quel momento sulla parete della chiesa comparve l'impronta di una mano carbonizzata”.

Il fatto è curioso, perché i vecchi Malnatesi che raccontavano questa vicenda non avevano mai avuto modo di vedere l'affresco, coperto a metà del 1600. La leggenda potrebbe essere molto antica, antecedente il periodo dell'ampliamento. Sicuramente l'assenza su quella parete di altre tracce, seppur piccole, lasciate dal fuoco, un incendio forse, stuzzica la fantasia del visitatore al quale è stata tramandata la leggenda dei due fratelli assassini.