Osmate - Il maligno nel campanile

 

Una volta il monte Pelada era tutto ricoperto da una rigogliosa vegetazione. E su quel monte, a picco sul lago di Monate, aveva stabilito la sua dimora il Maligno.

Un bel mattino giunse da quelle parti un cavaliere piuttosto male in arnese, tutto vestito di nero, che montava un destriero nero come il carbone. Andava al piccolo trotto lungo il sentiero ai piedi del monte e arrivato ad un certo punto fermò il cavallo e gli mormorò alcune parole nell'orecchio: l'animale lo guardò con occhi tristi e partì tutto solo facendo a ritroso la strada già percorsa.

L'uomo stette un momento a guardare il cavallo che si allontanava, poi raccolse la sua poca roba e si incamminò su per il monte. Quelli che lo avevano visto arrivare dicevano che il diavolo che stava sul monte aveva trovato compagnia.

Qualche settimana dopo, nella piccola chiesa di Osmate capitò un eremita col saio ed un lungo bastone, che chiedeva di confessarsi e comunicarsi. Era l'uomo tutto nero che quindi non era un demonio, né un suo parente, perché a quegli esseri simili cose erano proibite.

Passò ancora qualche settimana, poi lo stesso eremita fece presente al parroco che la piccola campanella posta sopra la porta della sacrestia non bastava al richiamo dei fedeli; occorreva un campanile con delle vere campane e chiese il permesso di poterlo erigere a sue spese e se non aveva nulla in contrario se lo dotava di tre campane. Ottenuto il permesso, l'eremita non perse tempo e meno di tre mesi dopo, a fianco della chiesa, sorse il campanile con tre nuove e lucenti campane.

Intanto, sulla cima del monte, il Maligno cominciava ad agitarsi: non capiva cosa stesse succedendo ma sentiva che sarebbe accaduto qualcosa di poco piacevole per lui. Così decise di scendere in paese per cercare di capire di cosa si trattava.

Un mattino, mentre il Maligno si accingeva a scendere al paese, le campane si misero a suonare per la prima volta e quel suono lo bloccò: capì subito che doveva essere opera del vecchio eremita e che se voleva continuare a scendere in paese doveva venire a patti con lui. Le trattative furono lunghe ma, alla lfine, si venne ad un accordo: il Diavolo avrebbe potuto svolgere la sua opera in paese solo nelle ore comprese tra l'Ave della sera e quella del mattino.

E difatti così avvenne. Ma una notte, il Maligno decise che era ora di farla finita: doveva far tacere le campane. Una notte, si infilò di nascosto nel campanile e legò le campane con nodi così stretti che nessuno avrebbe potuto scioglierli. Venne l'alba, e inutilmente il campanaro, attaccato alle corde, si sforzò di suonare le campane.

Il Maligno, dall'alto del campanile dove si trovava, provò una grande gioia e gustava la sua vittoria.

Ma come dice il proverbio "Il diavolo fa le pentole ma non i coperchi" e difatti proprio quella mattina il santo eremita, forse per ispirazione divina, era sceso in paese. A lui si rivolse sbigottito il campanaro e il sant'uomo subito capì che c'era lo zampino del Diavolo. Indossò allora i paramenti sacri, salì sul campanile e sciolse i nodi che legavano le campane, spruzzandole con l'acqua benedetta.

Un fracasso orribile si udì nell'aria. Il Maligno era bloccato nel campanile: non poteva scendere e fuggire. Di fronte a lui stava ritto il vecchio eremita che lo minacciava con l'acqua benedetta. Fu costretto a stipulare un altro patto, obbligandosi a lasciare per sempre la zona entro pochi giorni.

Se ne andò dal suo rifugio sul monte Pelada lasciando dietro di sé solo terra bruciata e ancor oggi, sulla parete rocciosa del monte, dove non crescono né erba, né arbusti, si nota la spaccatura entro la quale, secondo la leggenda, il Maligno scomparve per non tornare mai più nei paesi sorti attorno al lago di Monate.