Lago Delio


L'invaso del Lago Delio dal satellite

 


Situato ai piedi del monte Borgna (m 1158), è un invaso naturale di escavazione glaciale le cui acque alimentano la centrale idroelettrica di Ronco Valgrande, sulla sponda del sottostante Lago Maggiore. Di giorno le acque del lago vengono utilizzate per far funzionare le turbine e di notte vengono ripompate nel loro invaso naturale.

Il Lago Delio è raggiungibile in auto da Maccagno, ma anche a piedi con una bella mulattiera che si inoltra a mezza costa con bei panorami sul lago Maggiore. Dall'invaso si può poi salire al Passo della Forcora o scendere a Pino sulla sponda del Lago Maggiore o Tronzano.

L'origine del nome, Delio o D'Elio, viene fatta risalire a Helios, il dio del sole della mitologia greca e da qui nascono le leggende che narrano la storia del borgo sommerso sul fondo del lago Delio.




Foto di Marino Foina


Panorama sul Lago Maggiore
Foto di Alessandro Moretti

Da Cronaca Prealpina - Gazzetta dei tre laghi - 6 dicembre 1888

 

Da Rivista della Società Storica Varesina - fascicolo 1 - luglio 1953


AFFIORAMENTI DI TRONCHI DI ABETI SECOLARI AL LAGO DELIO

Un'eccezionale scarsità di precipitazioni nell'inverno 1948.49 (meno di mm. 55 di pioggia e cm. 93 di neve da novembre a marzo contro i 300 mm. di pioggia e i cm. 160 di neve della media del decennio precedente) e la necessità di non interrompere lo sfruttamento delle acque a scopo idroelettrico (furono installate pompe di sollevamento che inseguirono l'acqua nel suo decrescere) portavano ad un eccezionale abbassamento delle acque del Lago Delio situato sopra Maccagno.

Nel marzo del 1949 le acque dalla quota di m. 930 dell'invaso artificiale scendevano ai m. 916 delI'invaso naturale e poi si abbassavano ancora a m. 910 ed oltre.

Sulla sponda sud~orientale affioravano presso la riva in corrispondenza a vasti scoscendimenti del monte Cadrigna grossi tronchi accatastati in modo caotico,calcinati dall'aqua. Essi già altre volte erano stati malamente intravvisti in occasione di magre eccezionali. Ma a memoria d'uomo era la prima volta che apparivano interamente allo scoperto (Fig. 14).

Le ragioni della loro caduta e del loro ammassamento caotico apparivano evidenti: i tronchi appartenevano aiia foresta che rivestiva le pendici del monte sovrastante ed erano stati travolti da una frana di gigantesche proporzioni che, slittando dal monte, aveva raggiunto le acque del lago immergendosi in parte.

Il ritrovamento dei tronchi attirò la curiosità dei montanari della zona e particolarmente degli addetti agli impianti idroelettrici i quali ne prelevarono dei campioni e li mandarono in saggio a competenti.

Se ne occupò soprattutto il nostro socio geometra Giovanni Bagni che richiamò l'attenzione sull'affioramento delI'ispettore forestale Banti e del compianto Cormio, il noto fondatore della xiloteca omonima del comune di Milano (costui si riprometteva un sopraluogo al giacimento, ma il risollevarsi del livello delle acque in seguito a precipitazioni lo impedi).

I due competenti stesero entrambi una relazione: il primo dopo la visita al giacimento. il secondo sui campioni inviatigli. Dalle loro relazioni risulta quanto segue :

a) il giacimento era formato in prevalenza da conifere;

b) i campioni prelevati risultarono di abete rosso (picea excelsa - anal. Cormio), farnia (quems pedunculata - anal. Cormio), larice (larix europea - anal. Cormio), abete bianco (anal. Prof. Guglielrno Giordano);

c) la crescita degli alberi (dall'esame degli anelli di accrescimento) avvenne nel modo più regolare come di chi si trova in buone condizioni d'ambiente;

d) l'età degli alberi oscillava tra i im e i 200 anni;

e) la data della loro permanenza sott'acqua era incerta (parecchie e parecchie decine di anni e faorse secoli per il Cormio, sei secoli circa, per il Banti);

f) dell'esistenza di foreste di abeti e del grandioso franamento non vi è memoria diretta locale e neppure tramandata;

g) la farnia, il larice e I'abete rosso sono tuttora presenti nella zona in scarsi esemplari gli ultimi due, mentre l'abete bianco è scomparso sebbene lo si trovi sul versante svizzero del monte Paglione che sorge a poca distanza.

Da quanto sopra esposto è lecito dedurre quanto segue:

1°) la zona era un tempo un ottimo ambiente naturale per gli alberi suindicati;

2°) il paesaggio forestale circostante il lago Delio era un tempo ben diverso da l'attuale per la presenza di abbondanti conifere;

3°) i relatori sopra indicati ritengono la scomparsa delle conifere dovuta più ali'azione dell'uomo che non a mutate condizioni climatiche;

4°) il franamento avvenne quando l'uomo non aveva ancora iniziato lo sfruttamento forestale della zona (lo si deduce dalla veneranda età degli alberi), infatti si ha memoria di coltivazioni sulla sponda orientale del lago solo da un centinaio di anni or sono. Una sessantina di anni fa erano ancora visibili (tradizione orale) resiclui di vigneti con viti divenute selvatiche abbandonate per reddito insufficiente;

5°) la popolare leggenda che si narra sulle origini del Lago Delio (paese sprofondato per giusta punizione dei malvagi abitanti e successiva invasione da parte delle acque) può avere avuto origine dallo scoscendimento avvenuto sul monte che certamente colpì la fantasia degli abitanti.

L'uomo col passare dei tempo "perse gradatamente il ricordo del fenomeno e lo alterò nella forma leggendaria nota. La leggenda del resto è comune a quella di altri laghi alpini.

Ricordo infine che il lago è di escavazione glaciale e che i franamenti dei pendii circostanti non hanno per nulla influito sulla sua formazione.

Leopoldo Giampaolo